Reggio Emilia, la parola al fondatore che ha rivoluzionato l’arte di strada: «Scordatevi il solito circo»
È Cirque du Bidon mania nel Reggiano. Lo spettacolo onirico, il preferito di Federico Fellini e l’unico che in Europa si sposta ancora su carovane trainate da cavalli, assente dall’Italia da 15 anni e ora impegnato in un lungo tour tra Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna organizzato da Ater e una pluralità di altri enti, sta mettendo a segno il tutto esaurito. A dimostrazione che il Cirque di Bidon - che quest’anno festeggia i 40 anni e che, nonostante sembri uscito da una cartolina d’altri tempi, ha rivoluzionato l’arte di strada - non è un circo come gli altri.
Incontriamo il patriarca François Bidon, il Gandalf dall’aspetto sessantottino (anno in cui decise di cambiare vita e di lasciare il suo mestiere di cesellatore del bronzo per diventare artista nomade), al Campovolo mentre sistema il banchetto di legno con l’ insegna da lui stesso realizzato decenni fa.
Nella nostra regione è venuto l’ultima volta quindici anni fa. Che ricordi conserva?
«Bellissimi ricordi, e pensi che in questi giorni mi è venuto a trovare anche un amico dell’epoca. Così come sono tornate diverse persone che mi hanno detto di averci visto da piccoli: mi ha commosso, vuol dire che li facciamo ridere e sognare e che lasciamo il segno. Questo è il nostro obiettivo. La gente di Reggio Emilia, ma anche di Modena e Parma è ospitale e generosa... qualcuno ci ha anche regalato anche salumi e formaggi dopo avere visto il nostro spettacolo».
E il viaggio di quest’anno com’è andato?
«A Novellara e nelle strade della Bassa verso Correggio la gente ci aspettava, si sono fermati tutti, ha funzionato il passaparola. Però davvero troppo traffico, con i cavalli diventa difficile. Da Novellara a Reggio ci abbiamo messo tre ore, ma va bene così, non ci interessa la velocità. A Rubiera abbiamo fatto una sosta perché siamo lenti, viaggiamo a passo d’uomo a 5 chilometri orari e non possiamo fare più di 25 chilometri al giorno».
Siete rimasti solo voi a viaggiare slow. Lei non si è mai stancato?
«No perché è una scelta di vita. Nel 2000 siamo stati due mesi all’ippodromo a Bologna, tutte le sere era esaurito, il Teatro delle Celebrazioni ci chiese di restare: andammo via, non ne potevamo più di stare fermi. Qualcuno ci ha detto: siete matti? Se una piazza funziona, bisogna restare. Ma il nostro obiettivo non è guadagnare soldi».
Infatti è stata lanciata una piattaforma di crowfounding tramite Banca Etica per questo viaggio in Italia...
«Sì, abbiamo raccolto 15 mila euro per l’affitto di un camion e di un altro rimorchio per i cavalli, giusto per le spese di viaggio che per noi sarebbe stato molto oneroso».
Il vostro spettacolo è uguale o cambia ogni giorno?
«E’ uguale per due anni, perché per prepararne uno occorre un anno di prove. La “Bulle de reve” (bolla di sapone dei sogni, ndr) impegna quattordici persone in tutto: artisti circensi, quattro musicisti, una cantante e due attrici. C’è sempre un filo conduttore, è una storia e un racconto a tutto tondo, non ci interessano i singoli pezzi di bravura del giocoliere».
Qual è la differenza tra voi e il circo tradizionale, sempre più in crisi?
«Non abbiamo nulla a che fare con il circo tradizionale, quello con gli animali, quello che si tramanda di padre in figlio e che è sempre uguale a se stesso: sai benissimo cosa aspettarti, non c’è stupore. Nessuno di noi è nato nel circo. Io sono autodidatta, i giovani hanno le formazioni più disparate: il nostro spettacolo è un mix di teatro, circo e musica, quello che in Francia si chiama Nouveau Cirque o Cirque Contemporain».
Una forma di spettacolo che lei ha fortemente influenzato. Oggi quale altro circo le piace?
«In Francia il Nouveau Cirque attuale non mi piace proprio, troppo intellettuale e pretenzioso, non ci si capisce nulla; preferisco in realtà le cose umili. Il Cirque du Soleil per carità, è una multinazionale americana mentre il preferisco il piccolo. Tra gli italiani stimo il Circo Panico, sono diversi e interessanti. Ma in fondo devo ammettere che mi piacciono poche cose».
Lei ha 69 anni: progetti per il Cirque du Bidon?
«Il futuro del Cirque è nelle mani di un giovane, che mi sta sostituendo pian piano e che spero farà continuare lo show anche dopo di me. Con il venir meno delle forze, preferisco sempre più il lavoro di preparazione dello spettacolo, quando devi farti venire delle idee e curare la sceneggiatura. A breve termine, visto il successo che stiamo ottenendo, torneremo in Italia. L’anno prossimo non sarà possibile perché saremo a Parigi, ma tra due anni ci piacerebbe replicare».
INFO PRATICHE. Sabato 27 agosto è l’ultima delle cinque date al Campovolo del Cirque du Bidon, che poi si sposterà a Sant’Ilario (29-31 agosto), dove le prime due serate sono sold out. I ritardatari potranno provare a seguire la carovana nel Parmense, al Giardino di Palazzo Ducale di Colorno (dal 2 al 7 settembre) o a Polesine Zibello (dal 9 all’11 settembre). Vivamente consigliato l’acquisto online (sul circuito www.vivaticket.it, 14 euro adulti e 10 euro per i bambini dai 4 ai 12 anni, più 2 euro di prevendita).
28/08/2016