La tournée del Circo Knie per l’anniversario dei 100 anni approda a novembre in
Ticino. Fredy Knie Junior, erede della famiglia circense, ci racconta come è
cambiata quest’arte, con alcuni suoi ricordi e qualche aneddoto
Nel 1770 il cavallerizzo londinese Philip Astley decise di arricchire il suo spettacolo equestre ingaggiando equilibristi, giocolieri e un clown. E il circo fu! Un’arte dell’intrattenimento unica ed emozionante: l’odore della paglia e dei cavalli, le luci che attirano al tendone e il rullo di tamburi, l’emozione dell’acrobata gettato nel vuoto, le risate di un clown che inciampa, la grazia luccicante della ballerina contorsionista, il fascino di animali mai visti prima… Esattamente cento anni fa, quattro fratelli acrobati di Rapperswil fondarono il Circo Knie, destinato a diventare parte integrante della cultura svizzera. In occasione del giubileo, abbiamo incontrato Fredy Knie Junior, nipote del primo fondatore del Circo Knie e figlio del creatore dell’ammaestramento “umano” dei cavalli. Illustre erede capace di generare magia e spalancare le porte al sogno. Attraverso le sue parole celebriamo un secolo di storia circense rossocrociata.
Quali suono i suoi primi ricordi legati al circo?
Il mio primo ricordo risale ai 4 anni, quando feci il mio numero d’esordio e scoprii l’adrenalina dello stare in pista con il pubblico tutto intorno. Si trattava di uno spettacolo con i pony, dove andavo in scena insieme con il mio papà. Quando si è così piccoli si tratta di puro divertimento, non è un lavoro ma un gioco. Il secondo ricordo forte, invece, è quello dei miei 17 anni, ed è legato a mio padre. Era il mio compleanno, mi trovavo in scena e, alla fine del mio numero, portò in pista Parzi — uno splendido andaluso bianco — il mio primo cavallo, un regalo sorprendente.
La famiglia è il cuore pulsante del Circo Knie, una vera e propria tradizione intergenerazionale…
È vero, il circo è nato dalla stirpe Knie e continua a vivere con essa. Da quando, cento anni fa, mio nonno e i suoi fratelli comprarono il primo tendone del Circo Knie, la famiglia ha continuato a crescere… I nostri figli ereditano, coltivano e portano avanti quest’arte. Quest’anno, hanno partecipato alla produzione la 6ª, 7ª e 8ª generazione!
Il circo, più che un mestiere, è uno stile di vita?
Direi proprio di sì. Nascere nel circo vuol dire fare parte di una vita diversa, dove l’avventura e gli imprevisti sono all’ordine del giorno. Durante i nove mesi di tournée tutta la famiglia vive in movimento. Un tempo, i bambini raggiungevano il circo solo nei fine settimana e durante le vacanze per poter andare a scuola il resto del tempo. Ora, invece, abbiamo un’insegnante che viaggia con noi e un carrozzone dedicato alla scuola.
Dai primi spettacoli dei fratelli Knie, nel 1919, ad oggi, come è cambiato il modo di fare circo?
Agli inizi, il Circo Knie era molto più piccolo e tutto era più semplice. Oggi la pressione che spinge ad essere innovativi e a offrire al pubblico performance artistiche di altissimo livello è innegabile. Anche le leggi sono molto più severe e il lavoro a monte di uno spettacolo, quello che il pubblico non vede, è considerevole. Detto questo, la concorrenza non ci spaventa, perché ognuno ha il suo stile. Per noi è fondamentale coltivare un contatto profondo con il pubblico e la nostra priorità è di tenere alta l’asticella, per non deluderlo mai.
Lungo il cammino, ci sono stati momenti difficili per il Circo Knie?
Il momento più duro è stato durante la seconda guerra mondiale. Mio nonno mi raccontava che era difficile persino avere impiegati, poiché tutti dovevano andare al militare. Ma siamo una famiglia testarda che non molla mai e poi, soprattutto nei tempi bui, il circo ha la “missione” di portare gioia… Oggi, per fortuna, stiamo vivendo una fase positiva, un periodo di espansione creativa.
Ogni anno un nuovo spettacolo e un nuovo corpo di artisti…
È fondamentale seguire il gusto del pubblico che cambia. Per molto tempo mi sono occupato della direzione livello artistica degli spettacoli. Da dieci anni a questa parte, invece, ho passato la palla a mia figlia Géraldine. Mantenere alta l’asticella vuol dire girare il mondo guardando spettacoli e cercando gli artisti internazionali più abili. A parte il nucleo base Knie, gli artisti dei nostri spettacoli vengono da tutto il mondo. È molto importante essere anche spettatore per trovare ispirazione e rimanere all’avanguardia. Il mondo del circo in fondo è rimasto piccolo, quindi quando si scopre un artista bravo e innovativo si capisce subito. Quando lo spettacolo è buono tutto mi emoziona, l’odore della terra, i sospiri del pubblico intorno a me, le performance atletiche.
Lo spettacolo del giubileo, per celebrare un secolo di storia, promette un’esperienza di forti emozioni…
La tournée sta andando molto bene, lo spettacolo è fortissimo. Abbiamo deciso di fare un “Best Of”, guardando alla storia del circo Knie nei suoi ultimi 100 anni e al domani. La più piccola in scena è Chanel − ha 8 anni ed è figlia di Géral- dine − ed è lei il fil rouge dello spettacolo. Lavora con i pony, proprio come me quando feci il mio primo numero, e rappresenta la continuità tra passato e futuro. Siamo molto felici, poiché tutta la Svizzera sta rispondendo con grande entusiasmo alla nostra tournée.
Tra un paio di settimane arrivate anche da noi. Che tipo di pubblico è quello ticinese?
È caloroso e per noi è sempre un piacere tornare in Ticino. Anche se ho ricordi tragicomici, come le volte in cui il lago di Locarno straboccava e dovevamo spostare tutte le carovane in fretta e furia in spazi asciutti. Per fortuna, le soluzioni si trovano sempre! Ora, siamo felici di festeggiare i nostri 100 anni anche con i ticinesi che, anno dopo anno, hanno manifestato entusiasmo e fedeltà verso i nostri spettacoli.
In che modo il circo Knie si proietta verso il futuro?
Consapevole di dover creare spettacoli moderni. Gli elementi sono quelli tradizionali, ma luci, coreografia e musica sono innovativi. Per emozionare il pubblico di oggi lo show deve stare al passo con i tempi.… Una cosa però non cambierà mai: il circo deve portare la gente in un altro mondo. Entrare nel tendone significa aprire le porte di un sogno, accendere il pulsante della magia e dimenticare i problemi del quotidiano.