Coronavirus, l’appello della famiglia di circensi: "Bloccati qui, siamo sul lastrico"

Fermi a Bussolengo. Hanno diversi dipendenti da mantenere e gli animali da sfamare


Calco (Lecco) 27 marzo 2020 -  Da più di un mese Marco Grioni, 39 anni di Calco, è “prigioniero” in un campo alla periferia di Bussolengo, in provincia di Verona. Con lui ci sono la compagna di vita, i loro quattro figli di 4, 7, 10 e 12 anni, gli artisti, i dipendenti, i collaboratori e anche gli animali del suo storico circo, il Circo italiano fratelli Grioni. A inchiodarli tutti lì è stato il coronavirus, che rischia di ridurli sul lastrico e porre fine ad una tradizione di famiglia lunga più di mezzo secolo.

«È peggio che un disastro, sotto ogni profilo – racconta l’ultimo capostipite di una dinastia di circensi -. Siamo in tutto in 13 persone. Le utenze per continuare a disporre di luce, riscaldamento e acqua stanno per scadere, i figli più grandi dovrebbero seguire le lezioni ma non possono perché non avevano ancora cominciato la scuola qui, quelli più piccoli avrebbero dovuto effettuare i richiami delle vaccinazioni obbligatorie a Merate... Sono scadute le polizze assicurative di diversi mezzi e ho dovuto sospendere il pagamento di tutti stipendi di quanti sono qui con me e di cui devo garantire comunque il sostentamento. E poi ci sono gli animali da nutrire e mantenere: il nostro cammello e il nostro lama ad esempio si nutrono ciascuno di almeno una rotoballa di foraggio a settimana che costano parecchio.

Purtroppo se non ci esibiamo non solo non guadagniamo nulla, ma non copriamo nemmeno gli investimenti che abbiamo effettuato in manifesti, concessione delle aree, bollette per gli spettacoli che sono stati tutti cancellati e non si sa quando potranno riprendere. Non siamo veramente in grado di reggere oltre". Per chiedere una mano è stato attivato anche un conto Paypal all’indirizzo paypal.me/circofamigliagrioni. «Siamo messi veramente male, anche un piccolo aiuto per tutti noi e per i nostri animali segna la differenza", assicura, perché, insieme a tutti i colleghi non dispongono nemmeno di un contributo né della possibilità di ammortizzatori sociali per un settore che in Italia conta 102 imprese, 1.327 addetti e 1.572 animali.


                                                                                                                                       Fonte: Il Giorno

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