Il nuovo DPCM del governo Conte ha messo all'angolo il circo e in diversi sensi. Innanzitutto perchè nemmeno in un angolino delle numerose pagine è stata menzionata la parola circo e poi perchè sono state messe all'angolo, proprio come i pugili che non hanno più la forza di reagire, le 10.000 famiglie che vivono grazie agli spettacoli circensi. Conte parla di teatri, cinema, palestre, piscine, parchi divertimento ma mai di circhi. Verrebbe quasi voglia di provare a 'lavorare' visto che nessuno menziona un'arte che esiste da oltre 250 anni. Grazie alla grande solidarietà, durante il lungo lockdown, messa in campo da Coldiretti, Caritas e Croce Rossa sono state alleviate le sofferenze economiche di tutti i complessi circensi italiani. Alcuni, da allora, non hanno più riaperto. Il caso più eclatante quello del circo Moira Orfei. Tanti altri hanno invece ripreso gli spettacoli con la capienza ridotta a 200 spettatori. Una cifra che, soprattutto alla presenza di grandi esemplari di animali, ha consentito a mala pena la sopravvivenza. Adesso punto e a capo, in tutto il territorio nazionale e a prescindere dall'ampiezza degli chapiteau. Il governo nazionale, così come per gli altri spettacoli, teme contagi anche in ambienti così vasti da potere ospitare oltre 1.000 spettatori, con una capienza quindi inferiore al 20%. Il colpo stavolta è davvero stato veemente. Il circo italiano, allo stremo delle forze, non si ritrova la forza di reagire. Qualcuno ha creato dei gruppi sui social per organizzare una numerosa protesta a Roma, dinanzi ai palazzi del potere; qualcun altro ha cominciato ad avviarsi sulla strada delle piazze di Natale nella speranza che il 24 novembre si possa riaprire. Antonio Buccioni, presidente dell'Ente Nazionale Circhi, ha lanciato un appello che è stato raccolto dall'onorevole Mollicone. Non servono le promesse, come quella del ministro Franceschini, di rimpinguare i fondi del ristoro per Covid ai circhi. Molti troppi complessi, molti troppi artisti, molti troppi lavoratori attendono ancora cassa integrazione e bonus sventolati in occasione del lock-down. Forte la rabbia di alcuni circensi che, nel salutare il pubblico domenica sera, ebbero a dire che è arrivata una decisione assunta da alcuni pagliacci. Una frase forte ma certamente comprensibile alla luce dello stato d'animo. La rabbia dei circensi si è fermata qui ed è rimasta composta. Tutt'altra cosa rispetto ad alcuni imbecilli che hanno seminato distruzione nel salotto di Torino. Mai e poi mai abbiamo condiviso la violenza ma qualcosa di forte, eclatante, deve pur essere organizzata. Rimanere nel silenzio e nella sofferenza, dimenticati anche come citazione dal DPCM, significherebbe alzare bandiera bianca. Un arrendersi che striderebbe fortissimamente con il grande cuore e le immense emozioni, anche scaturite da un clima di grande unità, che hanno contraddistinto il 21° Festival di Latina. Il circo, in quanto spettacolo viaggiante, a differenza di cinema e teatri, soffre anche di un altro aspetto, così evidente ma tanto forse sconosciuti dal governo Conte. I circhi producono spettacoli e i comuni concedono le piazze per offrire spettacoli agli abitanti. Se il circo non può invece esibirsi, allora le piazze non vengono concesse. Dove devono quindi andare i complessi circensi? Alcuni comuni italiani avrebbero già avuto la pretesa di allontanare i circhi dalle “piazze” nelle quali si erano venuti a trovare domenica sera, al momento del Dpcm che ha stabilito l'ulteriore stop. No dove si trovano e no dove dovrebbero andare. Un dilemma quasi amletico. I colleghi delle testate giornalistiche, che dopo il DPCM stanno analizzando la situazione e i problemi di tutte le categorie, hanno forse dimenticato il circo o non sanno che senza piazza i circhi non hanno dove andare. Spesso e volentieri si spara addosso ai circensi, alle condizioni in cui vivono i loro animali, al loro modo di essere 'girovaghi'. Poi magari si dimentica di dare il giusto risalto alle assoluzioni, come quella recente che ha confermato, in appello, che al circo Medrano non si maltrattavano gli animali. Anzi, ad onor del vero, nell'ultimo anno, dopo una sorta di oscuramento televisivo, anche la RAI, nei tg regionali, ha via via dato spazio al circo. Adesso, però il più grande spettacolo del mondo non merita di finire nel dimenticatoio. In alcune regioni i governatori, come per esempio Musumeci in Sicilia, stanno valutando la possibilità di varare ordinanze che riaprano alcune attività. La speranza è che stavolta ci sia la parola circo al fianco delle altre attività autorizzate a riaprire. Intanto, sempre in Sicilia, alcuni dei circhi hanno pensato di dirigersi verso le piazze di natale. E' il caso del 'Greca Orfei' (famiglia Mavilla) al centro commerciale Centro Sicilia di Catania e del 'Sandra Orfei' (Vassallo) in una nuova area di viale dell'Olimpo a Palermo. L'Acquatico Dell'Acqua rimane invece fermo a Mazara del Vallo, dove, da mesi, ha il suo quartiere generale. Due 'Latina d'Oro', un 'Latina d'Argento' e un premio ENC alla comicità rimarranno al palo chissà per quanto tempo. La pandemia è certamente pericolosa ma dalla riapertura dei circhi non era stato segnalato alcun contagio.
Di Pietro Messana
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